ROAMING. IF SPACE MEANT NOTHING

Gennaio 2010, CONDOTTO C, ROMA

Ermanno Cristini, Jiří Kovanda, Jenny Magnusson & Patrik Elgström, Giancarlo Norese, Marzia Rossi, Luca Scarabelli

Foto: Massimiliano Di Fabio

Web: Reebot

A cura di Alessandro Castiglioni, Giancarlo Norese, Luca Scarabelli

Roaming si caratterizza sempre in modo peculiare in relazione allo spazio espositivo in cui si trova ad agire. Dagli imponenti immobili industriali ai palazzi storici di carattere museale, i progetti di volta in volta si declinano in modo autonomo, andando a valorizzare la natura stessa del luogo in cui ci si inserisce.

Questa considerazione acquista particolare valore nel momento in cui lo spazio presenta delle specificità uniche ed irripetibili. Peculiare è dunque il caso di Condotto C, infatti, come nel film di Vincenzo Natali, Cube, la galleria non presenta vie di fuga, è completamente mappata e mappabile. Una struttura neutra e compatta  quasi archetipo dello spazio espositivo contemporaneo. Da questa suggestione (e condizione) e partendo dall’idea di via di fuga, l’invito ai diversi artisti nasce come una domanda, una sfida e una provocazione verso lo “spazio” come paradigma, linguaggio proprio delle arti visive, e lo “spazio” specifico, Condotto C.

Infatti, se lo spazio non significasse nulla, come si potrebbe fuggire, come ci si potrebbe nascondere? Come celare all’occhio dello spettatore e soprattutto del fotografo che documenta la mostra il proprio intervento?

Artisti dalla natura profondamente differente ma accomunati dalla stessa tensione analitica e site related rispetto alle condizioni espositive, si confronteranno su questo campo di ricerca, anche in relazione al rapporto tra l’opera, l’oggetto presentato e l’immagine immateriale che poi navigherà, libera, nella rete.

 

 

Condotto C is an open cooperative, involving artists, graphic artists,curators, choreographers, photographers and others who operate and combine forces at "Condotto C" (the so called C-Chute to paraphrase the Asimov story), so that it becomes a space for parallel projects; an unofficial or experimental extension of their artistic activities. We don't agree with facile categorizations, and our freeform and horizontal configuration preserves us from fixed roles and generalizations. We won't have fixed rules and we will be open to a wide range of activities, from installations, to the ephemeral event, to performances, to dance as well as debates and theatre. No door is ever shut. The mainstays of our philosophy will be mobility and flexibility. Therefore we will exist merely as a space: a 16 by 2.4 meter C-Chute. As is the Asimov story, the chute represents for us an escape route, where art can be a little more daring. We aim to make an impact and inspire, we believe there is much room for experimentation. The artist will be able to work in complete freedom; creating works that stray from his or her usual modus operandi. An improbable performance, perhaps, or a parallel project, or other ideas to evaluate. Inside the space, the imperative is to collaborate, via works-in-progress, unofficial projects designed for the Chute. The cooperative will decide whether or not to propel the project into the space.

Ermanno Cristini, oltre alla piccola e consueta traccia di Butterfly Effect, (in questo caso è visibile un solo elemento mentre gli altri 34 sono conservati nel loro imballo, nel retro dello spazio espositivo), installazione che accompagna ogni mostra di Roaming, prosegue la propria riflessione sugli spazi di percezione dell’immagine in relazione con lo spazio. Il progetto Off Cell è infatti legato alla delimitazione di un campo visivo fondamentalmente vuoto, assente. L’opera, per così dire, da guardare, viene invece spostata, nascosta, assorbita dalle inaspettate pieghe dello spazio espositivo.


L’artista ceco è uno tra i precursori delle ricerche concettuali europee, rivolte innanzitutto alla dematerializzazione dell’opera d’arte, attraverso la valorizzazione degli aspetti processuali del fare artistico. Proprio in relazione a questa ricerca, legata a una sorta di scomparsa dell’opera d’arte, abbiamo rivolto a Jiří Kovanda l’invito a partecipare alla mostra presso Condotto C. E il dispositivo presentato dall’artista non fa altro che sottolineare e amplificare questa attitudine: una piccola boccetta di pregiato profumo svuotata davanti l’ingresso della galleria. Una chiazza destinata a scomparire nel giro di poche ore, così come il profumo da essa esalato, tra l’altro unico (immateriale) segno dell’azione compiuta dall’artista. 


L’immagine che Jenny Magnusson ha appositamente preparato per questo appuntamento di  Roaming è parte di Stroller walks / actions in urban spacehe, un più complesso progetto sviluppato dall’artista in collaborazione con il fotografo Patrik Elgström. L’artista stessa spiega l’interessante vicinanza tra Roaming e questo progetto “fatto di sculture occasionali, costruite al momento e in loco,  con materiali improvvisati accostati spontaneamente. L’occhio della macchina fotografica immortala poi gli oggetti, trasformando così, questa inattesa precarietà, in azione artistica.”


Formless Form of Art è un antilavoro, un’antiopera, una traccia quasi invisibile che sottolinea un’assenza, una mancanza. Il crocifisso richiama poi immediatamente l’universo quotidiano delle case dei nostri genitori, delle scuole, dell’ora di religione. Una traccia dunque non solo nello spazio, ma anche nella memoria di ciascuno di noi.


L’opera di Marzia Rossi è strettamente legata al recente ciclo di lavori che la giovane artista emiliana sta portando avanti in questi ultimi mesi. Il rapporto tra spazio e materia , nell’opera di Marzia, si fa organico e indispensabile per la vita stessa del lavoro, per forza di cose, site related.

L’installazione inoltre, disposta com’è al centro di uno spazio espositivo scarno, dove le altre opere risultano lievi e silenziosi interventi, appare inaspettatamente vivace e sgargiante. Quasi una straniante forma biologica che scava la superficie, o da cui, ancor più sorprendentemente, sta sgorgando.


La sesta partecipazione di Luca Scarabelli al progetto Roaming è segnata da una forte continuità con i progetti finora presentati dall’artista, appositamente pensati in relazione agli spazi espositivi in cui presentiamo i diversi eventi.

Questo innanzitutto per la presenza di Ghost, opera nascosta, simbolicamente e fisicamente celata dal curatore stesso. E poi per la presenza di interventi dalla vocazione costantemente discreta e sottrattiva, in questo caso contraddistinta anche dall’assenza di qualsiasi elemento cromatico, poiché l’installazione di Scarabelli, si adagia, nera ed inquietante, lungo gli spigoli della galleria, come dice il titolo dell’opera, alla deriva.